«I cani abbaiano, ma la carovana va avanti»
Mentre l’UE torna nuovamente a ridefinire dalle fondamenta la propria strategia in materia di sostenibilità, il Consiglio federale adotta un atteggiamento attendista per seguirne gli sviluppi. Nel frattempo, il dispositivo di autodisciplina per la prevenzione del greenwashing inizia a dare i primi frutti.
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Come in fondo prevedibile, il de profundis intonato negli ultimi mesi nei media nei confronti dei prodotti e delle soluzioni d’investimento sostenibili è andato affievolendosi. Ogni ondata di emotività mediatica, del resto, prima o poi giunge al termine. Come sempre, per comprendere appieno la situazione occorre saper gettare uno sguardo dietro le quinte con occhio oggettivo, in modo da individuare con chiarezza le forze sottostanti che risultano determinanti per gli sviluppi nel lungo termine. E cosa possiamo osservare a riguardo in merito al tema della finanza sostenibile?
L’UE mantiene ferma la rotta
Attualmente l’Unione europea lavora con estrema coerenza e a pieno regime al suo pacchetto omnibus volto ad alleggerire la burocrazia ipertrofica, causata in precedenza da una produzione non coordinata di disposizioni in materia di sostenibilità all’interno del green deal. A ben vedere, questo modus operandi non è ottimale. Ma è comunque un’attestazione del fatto che l’UE è in grado di correggere il tiro in tempi tutto sommato rapidi. In realtà, la cosa veramente interessante da osservare è la reazione del mondo economico: salvo dissensi isolati, nessuno invoca a gran voce uno smantellamento totale per poi ripartire da zero. Piuttosto, proprio tra il settore finanziario e le aziende dell’economia reale va costituendosi in tempi ridotti un ampio consenso, che in effetti appare necessario e al contempo anche realistico.
Il Consiglio federale resta alla finestra
Questo scenario produce ripercussioni dirette anche sulla regolamentazione in Svizzera. In occasione della seduta del 21 marzo 2025, il Consiglio federale ha infatti stabilito di procedere al varo di eventuali modifiche all’attuale legislazione in materia di protezione dell’ambiente e diritti umani nelle aziende «non appena l’Unione europea avrà deciso in merito alle semplificazioni annunciate, o comunque al più tardi nella primavera del 2026». Si tratta sicuramente della giusta strategia per evitare un costoso Swiss finish.
Il dispositivo di autodisciplina dà i primi frutti
Questa «pausa di riflessione» non equivale tuttavia a uno stallo effettivo nel campo della finanza sostenibile in Svizzera. Al contrario: il dispositivo di autodisciplina, teso a scongiurare attività di greenwashing promosso da Associazione svizzera dei banchieri, Asset Management Association Switzerland e Associazione Svizzera d’Assicurazione, viene attualmente recepito e attuato da tutti i relativi membri. Il fatto che questo approccio pragmatico risulti non solo più semplice, ma anche più mirato e opportuno rispetto a quello adottato dell’UE appare evidente anche dai risultati dello Studio sul rilevamento delle preferenze in materia di sostenibilità presso le banche, pubblicato il 10 giugno 2025 dalla Scuola universitaria di Lucerna. Nella platea delle 14 banche analizzate, in media il 47% della rispettiva clientela ha espresso una preferenza per le soluzioni di investimento che tengono conto degli aspetti ecologici, sociali e di corporate governance (c.d. criteri ESG), per quanto tra i singoli istituti i valori rilevati presentino forti oscillazioni che spaziano tra il 20% e il 90%. Questi dati sono sovrapponibili ai valori riscontrati in sondaggi condotti in tutta la Svizzera con i/le clienti d’investimento e consentono quindi di giungere alla conclusione che, grazie al regime di autodisciplina, le banche sono in grado di cogliere correttamente le esigenze della propria clientela. Ciò risulta invece in contrasto con i valori empirici registrati dalla rilevazione delle preferenze in materia di sostenibilità sulla base del diritto UE (MiFID II): in questo caso, i dati oscillano tra il 5% e il 20%. È quindi presumibile che il dispositivo svizzero di autodisciplina abbia un orientamento nettamente più spiccato alle esigenze e all’attuabilità pratica rispetto all’approccio europeo.
Parole... e fatti
Traducendo il tutto in moneta sonante, quali sono dunque le implicazioni delle preferenze ESG così espresse? A tale riguardo, il nuovo studio di mercato condotto da Swiss Sustainable Finance giunge a un verdetto ben chiaro: nel 2024 i patrimoni d’investimento sostenibili in Svizzera sono aumentati del 13%, mentre la crescita nei fondi di investimento è stata del 17% e quella dei mandati (anche istituzionali) del 19%. E gli asset manager a cosa attribuiscono questa crescita? In primo luogo citano la domanda da parte della clientela (83%), seguita dal quadro normativo e di autodisciplina (73%) e dall’approccio proattivo da parte delle banche. In questo modo si viene infatti a creare un incentivo supplementare a predisporre un opportuno ventaglio di prodotti. Lo scorso anno un comportamento particolarmente attivo sul versante degli investimenti sostenibili è stato riscontrato soprattutto dagli investitori del segmento retail, probabilmente anche in virtù del dispositivo di autodisciplina: dopo quattro anni decisamente costanti al 28%, nel 2024 la loro quota è infatti salita al 33%. Tutto questo non costituisce ovviamente una prova a lungo termine, ma considerando anche gli altri fattori menzionati è possibile affermare che la finanza sostenibile si è solidamente affermata su tutta la linea e che, in virtù della sua capacità di adattamento, le sue prospettive di ulteriore crescita sono intatte. Che i cani abbaino pure, quindi, ma intanto la carovana va avanti.
Quota di clienti con preferenze ESG nelle banche analizzate. Fonte: B. Mattmann, M. Stüttgen, N. Berchtold (2025)
Banca | Quota di clienti con preferenze ESG al momento del rilevamento |
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