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25.09.2025

Quale futuro con l’iniziativa GISO? 

Con la loro idea di introdurre un’imposta del 50% sulle successioni per donazioni ed eredità di importo superiore a 50 milioni di franchi, i Giovani Socialisti mettono a repentaglio il benessere e l'attrattiva della Svizzera. E questo ci riguarda tutti! 

Il 30 novembre saremo chiamati alle urne per votare un’iniziativa popolare intitolata «Per una politica climatica sociale finanziata in modo fiscalmente equo (Iniziativa per il futuro)». Dietro a questa denominazione allettante si cela l’ultima idea della GISO che, nell’illusione di arricchire il nostro Paese, lo farebbe invece precipitare nella povertà. 

È difficile visualizzare concretamente cosa significhi un patrimonio di 50 o più milioni di franchi. Si possono immaginare spesse mazzette di banconote e forse dei lingotti d’oro. Invece basta leggere il numero straordinario della rivista economica «Bilanz», dal titolo «Die 300 Reichsten der Schweiz» (Le 300 persone più ricche della Svizzera), per rendersi conto che queste persone molto facoltose sono soprattutto imprenditrici e imprenditori. E, in linea di principio, il loro asset patrimoniale principale è la propria azienda. 

Prendiamo ad esempio un’impresa del valore di due miliardi di franchi: al decesso del titolare, oppure anche prima in caso di donazione, i nuovi proprietari dovrebbero pagare quasi un miliardo di franchi di imposte! Ma con quali soldi? Nella maggior parte dei casi sarebbero costretti a vendere, del tutto o in parte, l’azienda oppure a metterla in liquidazione. Di conseguenza andrebbero persi o finirebbero all’estero migliaia di posti di lavoro, un vastissimo know-how, l’intero patrimonio intellettuale e spesso il motivo di orgoglio di un’intera regione. A subire un notevole contraccolpo sarebbero inoltre i vari fornitori e anche i commercianti locali, destinati a perdere come clienti i dipendenti dell’azienda. 

Ovviamente i diretti interessati non resteranno in Svizzera per vedere andare a rotoli il frutto del lavoro di una vita – sia la propria che addirittura quella di varie generazioni precedenti. Se l’iniziativa venisse accettata, molti di questi imprenditori e imprenditrici hanno infatti già preannunciato l’intenzione di lasciare la Svizzera. Il professor Brülhart dell’Università di Losanna, incaricato dall’Amministrazione federale delle contribuzioni di effettuare una stima a riguardo, è giunto alla conclusione che tra il 77% e il 93% della base fiscale interessata si trasferirebbe all’estero. Così, anziché generare entrate fiscali aggiuntive tra i 2,5 e i 5 miliardi di franchi, secondo le stime del Consiglio federale l’iniziativa potrebbe comportare una perdita di gettito compresa tra i 2,8 e i 3,5 miliardi di franchi all’anno. E chi sarebbe chiamato a colmare questa voragine? Proprio coloro che restano qui in Svizzera. 

Per impedire un simile esodo, i promotori hanno previsto una serie di misure atte a prevenire pratiche di elusione fiscale, che peraltro verrebbero attuate con effetto retroattivo in quanto in vigore già a partire dal momento della votazione. Nel suo messaggio sull’iniziativa (pag. 25) il Consiglio federale ha tuttavia chiarito che tali misure non hanno effetto retroattivo e che troverebbero applicazione soltanto con l’entrata in vigore delle disposizioni legislative d’esecuzione, ovvero entro tre anni da un’eventuale accettazione dell’iniziativa popolare. Il Consiglio federale esclude anche l’introduzione di una tassa di espatrio, in quanto una persona può lasciare la Svizzera anche per motivi diversi da quelli di natura fiscale.  

La sola esistenza di questa iniziativa ha già messo a dura prova la pianificabilità e l’attrattiva delle condizioni quadro in Svizzera. Sarebbe quindi cosa buona e giusta se in occasione della votazione ormai prossima del 30 novembre queste certezze potessero essere debitamente ristabilite. 

Informazioni sull'autore

Jan Langlo è direttore dell’Associazione delle banche private svizzere (ABPS), dove si occupa della rappresentanza degli interessi delle banche attive nel campo della gestione patrimoniale nei rapporti con il mondo politico. Al contempo è segretario generale dell’Associazione dei banchieri privati svizzeri e membro di diversi gruppi di lavoro dell’Associazione svizzera dei banchieri (ASB) e di altre associazioni di categoria elvetiche. 

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